Dalla seconda guerra mondiale, nessun evento ha inciso di più sulla economia globale, sulle relazioni internazionali, sulle vite di tutti nel mondo come la pandemia di Covid. Un anno e mezzo fa, di fronte alla scoperta di questa minaccia e alle prime dure misure di contenimento, abbiamo notato intorno a noi tante reazioni ottimistiche, positive: “Ce la faremo”, “Andrà tutto bene”, “Ne usciremo migliori”. Dopo un anno abbondante, tanta di quella vitalità e ottimismo sono forse stati consumati.
Ma soprattutto, sappiamo bene che se ogni sfida può essere un’occasione per ripartire e ripensarsi, se tutto potrebbe andare bene, non andrà bene senza di noi, senza la nostra fatica, intelligenza e sforzo per fare andare le cose nel miglior modo possibile.
E se alcune impostazioni magiche e ingenue della religione si sono dimostrate inutili o addirittura dannose (no, recitare il rosario non basta per non ammalarsi; e no, le chiese non sono al sicuro dal contagio), è tuttavia vero che sulle dimensioni più profonde della nostra esistenza, sulle nostre paure e speranze più autentiche, sulle nostre impostazioni di vita, perché tutto vada bene, il vangelo ha qualcosa di importante e rilevante da dire. Sulle domande profonde che partono dalla paura ma arrivano al senso di tutto ciò, Gesù può essere interpellato. Non perché abbia risposte automatiche e meccaniche (saremmo ancora nel magico), ma perché prende sul serio esattamente quelle domande più profonde.
Si può allora immaginare di interrogarsi su che cosa la fede cristiana sappia dire non tanto riguardo alla pandemia e ai modi pratici con cui combatterla, quanto su come vivere questo tempo, questa sfida, su come fare in modo che tutto vada bene. Questo non in un ascolto acritico di pagine scritte duemila anni fa, bensì confrontandoci con testi fondamentali ma all’interno di una comunità che sa che le linee guida restano quelle, ma devono adattarsi a tante sfide e contesti nuovi. Quella comunità che, pur non essendo composta da persone perfette, pur dovendo fare i conti con un “credere” che non è certezza ma è sempre domanda costante su a che cosa e come affidarsi, è comunque composta da donne e uomini che hanno intuito nella persona di Gesù un possibile modello e si sforzano di chiedersi come vivere bene, seguendo quel modello, nella nostra vita di oggi. È la chiesa, fatta di strutture e gerarchie ma innanzitutto composta da battezzati che riflettono insieme, alla luce della parola di Dio, convinti di essere accompagnati e assistiti, in queste domande, da uno Spirito Santo che è stato promesso, da un Signore che ha garantito che “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, là io sono, in mezzo a loro”.
Questa esperienza di chiesa, che prova a meditare insieme su come vivere meglio in una situazione e davanti a una sfida che non immaginavamo, si rinnova anche a Liretta di Montemale in due incontri che vogliono essere soprattutto di dialogo e confronto, guidati il 18 luglio da Angelo Fracchia, in chiave più biblica e fondamentale (“Questa malattia porterà alla morte? [Gv 11,4] Uno sguardo cristiano su come rivivere nella pandemia”) e l’8 agosto con Nicoletta e Davide, in chiave più esperienziale ed esistenziale (“Riparti-AMO. Strumenti da usare durante e dopo la bufera”). L’appuntamento è per le 9.30, pensando di restare insieme fino alle 17 circa e di vivere insieme il pranzo.
Per prenotazioni e informazioni si può chiamare Olga, 3805102568.
Per dettagli visualizzate la locandina